Le Sezioni Unite della Cassazione statuiscono che, in materia di contributi integrativi per la concessione del diritto d’uso temporaneo di frequenze correlate ad autorizzazioni ministeriali, la giurisdizione spetta al giudice ordinario e non alla Commissione Tributaria Regionale.
Parte istante sosteneva l’erroneità della precedente declinatoria della giurisdizione tributaria, qualificandosi i contributi de quo come prestazioni impositive. In base a tale ricostruzione, i contributi integrativi versati a fronte di concessioni temporanee, contemplati agli artt. 16 e 22 della previgente legge n. 223/1990, sarebbero collegati ad un servizio pubblico e non ad un contratto a prestazioni corrispettive. Pertanto, essi presenterebbero i caratteri propri del tributo, ossia l’autoritatività e la coattività, rientrando nell’alveo della giurisdizione tributaria.
Le Sezioni Unite precisano che per tributo s’intende un prelievo autoritativamente imposto, volto al concorso alla spesa pubblica e quantificato in base alla capacità contributiva del soggetto passivo.
Riprendendo il granitico orientamento della Corte Costituzionale, si sostiene poi che il tributo, indipendentemente dal nomen iuris conferitogli dal legislatore, deve sostanziarsi in una decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo che non derivi dalla modifica di un rapporto contrattuale.
I tratti caratterizzanti del tributo sono, inoltre, la sua diretta previsione ad opera di una fonte normativa, la sua doverosità e l’irrilevanza della volontà delle parti.
Gli oneri economici per l’uso di frequenze accessorie e aggiuntive rispetto a quelle oggetto di autorizzazione generale non presentano i connotati del tributo stricto sensu, poiché opzionali e non finalizzati alla distribuzione di un servizio pubblico.
Tali oneri prescindono dalla specifica capacità contributiva del soggetto passivo e rappresentano il corrispettivo dei costi delle attività di istruttoria e vigilanza dell’ente pubblico e del volume dell’erogazione. La natura corrispettiva dei contributi è rimasta tale anche a seguito della transizione dal regime concessorio, di cui all’art. 16 della l. n. 223/1990, a quello autorizzativo ex d.lgs n. 259/2003 e d.lgs. n. 177/2005. L’ordinanza ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale sul tema, sottolineando la distinzione tra ‘tassa’ (devoluta alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie in quanto tributo) e ‘canone’ (rientrante nella giurisdizione ordinaria poiché corrispettivo dello sfruttamento di un bene pubblico).
La tassa, infatti, non è l’esatto corrispettivo dell’utilizzo del bene o del servizio pubblico e non deve coprirne necessariamente l’intero costo, mentre il canone e più in generale i contributi non tributari hanno natura strettamente commutativa.