La direttiva 2014/42/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea, deve essere interpretata nel senso che la detenzione di stupefacenti a fini di spaccio rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva, anche quando tutti gli elementi inerenti alla commissione di questo reato si collocano all’interno di un unico Stato membro. La direttiva 2014/42 deve essere interpretata nel senso che essa non prevede unicamente la confisca dei beni che costituiscono un vantaggio economico derivante dal reato per il quale l’autore dello stesso è stato condannato, ma contempla altresì la confisca dei beni appartenenti a tale autore del reato relativamente ai quali il giudice nazionale investito della causa sia convinto che derivano da altre condotte criminose, nel rispetto delle garanzie previste dall’articolo 8, paragrafo 8, di tale direttiva e a condizione che il reato di cui detto autore è stato dichiarato colpevole figuri tra quelli elencati all’articolo 5, paragrafo 2, di detta direttiva e sia suscettibile di produrre, direttamente o indirettamente, un vantaggio economico ai sensi di quest’ultima. L’articolo 8, paragrafi 1, 7 e 9, della direttiva 2014/42, letto in combinato disposto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale permetta la confisca, a favore dello Stato, di un bene di cui si affermi che appartiene ad una persona diversa dall’autore del reato, senza che tale persona abbia la facoltà di intervenire quale parte nel procedimento di confisca (fattispecie relativa alla condanna in sede penale di cittadini bulgari per aver detenuto, senza autorizzazione, a fini di spaccio, sostanze stupefacenti altamente pericolose).