Interessante sentenza della Suprema Corte di Cassazione che, nel cassare con rinvio una decisione della Corte di Appello, richiama comunque il principio del “minimo costituzionale” in materia di motivazione, ribadendo che a mente della Cost., art. 111 comma 6 tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Inoltre, le sentenze, devono indicare la concisa esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione (art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c.).
E’ ormai affermazione consolidata che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il sindacato di legittimità sulla motivazione deve intendersi ridotto al “minimo costituzionale”.
Proprio nella prospettiva del “minimo costituzionale”, secondo consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, è causa di nullità la motivazione che non esprime un autonomo processo deliberativo, ma si limita a confermare le statuizioni del primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame. In particolare, il giudice di merito è tenuto a dar conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva. Ne consegue che è denunciabile in Cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.