Le Sezioni unite hanno precisato che in tema di distanze tra costruzioni, l’art. 9, secondo comma, del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, essendo stato emanato su delega dell’art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge urbanistica), aggiunto dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica. Ne consegue che l’art. 52 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Viareggio – che impone il rispetto della distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate soltanto per i tratti dotati di finestre, con esonero di quelli ciechi – è in contrasto con le previsioni del citato art. 9 e deve, pertanto, essere disapplicato (sentenza n. 14953, 07-07-2011, Rv. 617949 – 01; conf., fra le tante, Cass. n. 624-2021).
In motivazione le Sezioni unite spiegano che “il decreto ministeriale non consente l’adozione di regole (derogatorie) di tal genere da parte dei Comuni, in quanto ne risulterebbe una disciplina contrastante con la lettera e lo scopo della norma di cui dovrebbe costituire l’attuazione. Questa esige in maniera assoluta l’osservanza di un distacco di almeno 10 metri per il caso di “pareti finestrate”, senza alcuna distinzione tra i settori di esse, secondo che siano o non dotati di finestre: distinzione estranea al testo della norma, che si riferisce complessivamente alle “pareti” e non alle finestre. È destinata infatti a disciplinare le distanze tra le costruzioni e non tra queste e le vedute, in modo che sia assicurato un sufficiente spazio libero, che risulterebbe inadeguato se comprendesse soltanto quello direttamente antistante alle finestre in direzione ortogonale, con esclusione di quello laterale: ne conseguirebbe la facoltà per i Comuni di permettere edificazioni incongrue, con profili orizzontali dentati a rientranze e sporgenze, in corrispondenza rispettivamente dei tratti finestrati e di quelli ciechi delle facciate” (in esatta conformità si veda successivamente, fra le tante, Cass. nn. 15529-2015, 5017-2018).
Nel caso in esame lo strumento locale – che per legge può prevedere in materia di distanze solo distacchi maggiori rispetto alla previsione codicistica dell’art. 873 cc – risulta “contra legem”, in quanto riduce la portata dell’art. 9, limitandola ai soli casi in cui la finestra del fabbricato si apra su un vano abitabile