Il 27 giugno scorso è stata pubblicata la sentenza n. 111/2024 della Corte Costituzionale, la quale si è pronunciata circa la legittimità del “Contributo Straordinario contro il caro bollette” previsto dall’art. 37 del Decreto Legge n. 21 del 21 marzo 2022 convertito, con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51.
Il Contributo – a carico dei soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi – veniva computato, al verificarsi di determinate condizioni, sull’eventuale differenziale positivo tra (i) il saldo delle operazioni attive e passive rilevanti ai fini IVA calcolato sulla base delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE) per il periodo compreso tra il 1 ottobre 2021 e il 30 aprile 2022, e (ii) il saldo delle medesime operazioni effettuate nel periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021.
Con tale Contributo, il legislatore ha inteso colpire i presunti extraprofitti degli operatori, derivanti dall’andamento anomalo dei prezzi dei prodotti energetici, registrato nel corso del 2022.
La Corte, con la sentenza in esame, ha stabilito l’illegittimità costituzionale del Contributo Straordinario esclusivamente con riferimento all’inclusione delle accise nella base imponibile rilevante per la determinazione del Contributo, ritenendo tale criterio non conforme al principio di capacità contributiva (artt. 3 e 53 Cost.).
In primo luogo perché le accise «non possono rappresentare in alcun modo un incremento rilevante di “ricchezza” tassabile» in capo agli operatori che hanno versato allo Stato le accise addebitate ai consumatori finali in fattura. “Infatti – spiega la Corte Costituzionale nell’ambito della Sentenza – i soggetti che acquistano prodotti energetici per i quali non sono ancora state assolte le accise, […], e che poi procedono alla immissione in consumo, normalmente si rivalgono nei confronti dei successivi acquirenti comprendendo nel prezzo di vendita indicato in fattura anche l’importo delle accise da essi versate allo Stato. […] per questi soggetti le accise, che essi stessi hanno versato allo Stato, vanno ad aumentare, anche in misura considerevole, la base imponibile del contributo straordinario di solidarietà, senza che tale aumento possa in alcun modo dirsi rappresentativo di una maggiore ricchezza.”
In secondo luogo, perchè l’inclusione delle accise nella base imponibile del tributo determina – riprendendo le parole della Corte Costituzionale – una “discriminazione orizzontale tra i soggetti passivi del contributo: perché solo per alcuni di questi, ovvero quelli che versano allo Stato l’accisa e la “caricano” nelle fatture attive, si verifica il descritto effetto distorsivo, ma non per quelli che, all’interno della filiera, possono cedere i prodotti energetici in sospensione di imposta, per i quali l’accisa non rileva, e neppure per quelli che commercializzano dopo l’immissione al consumo, per i quali il suddetto effetto non si verifica, in quanto le accise – verosimilmente – incrementeranno, con un sostanziale bilanciamento, il prezzo sia nelle fatture attive che passive.”
Sono state invece respinte tutte le altre censure sollevate dagli operatori (articoli 3, 23, 42, 53 e 117 della Costituzione), confermando in tal modo la legittimità (seppur parziale) del prelievo.
Alla luce dei principi espressi dalla Corte Costituzionale, i contribuenti che hanno effettuato operazioni di vendita sulle quali ha trovato applicazione l’accisa (tipicamente all’atto dell’immissione in consumo di energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi) potrebbero essere legittimati a richiedere il rimborso parziale del Contributo Straordinario versato per il 2022.