Interessante sentenza della Suprema Corte di Cassazione sull’efficacia del giudizio nei confronti dei terzi, che si innesta con la correlativa problematica del “litisconsorzio necessario” ex art. 102 c.p.c. e l’opportunità di chiamare in causa i terzi, onde si voglia addivenire ad un risultato processuale soddisfacente.
Dall’altro lato, ove i terzi non vengano chiamati i giudizio, questi certamente avranno un “baluardo” ulteriore per difendersi, ove si voglia far valere nei loro confronti “decisioni” alle quali non hanno partecipato.
L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato non estende i suoi effetti, né è vincolante, nei confronti dei terzi, ma, quale affermazione obiettiva di verità, è idoneo a spiegare efficacia riflessa verso soggetti estranei al rapporto processuale, allorquando il terzo sia titolare di una situazione giuridica dipendente o comunque subordinata, sempreché il terzo non sia titolare di un rapporto autonomo ed indipendente rispetto a quello in ordine al quale il giudicato interviene, non essendo ammissibile, in tale evenienza, che egli, salvo diversa ed espressa indicazione normativa, ne possa ricevere pregiudizio giuridico o possa avvalersene a fondamento della sua pretesa. (Nella specie, relativa ad un rapporto di dipendenza-accessorietà tra il giudizio principale concernente l’inadempimento del contratto di appalto e quello dipendente avente ad oggetto la fideiussione a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni derivanti dal medesimo appalto, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, aveva escluso nel giudizio dipendente l’efficacia preclusiva riflessa del giudicato formatosi sul lodo arbitrale con cui era stata dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento delle società appaltatrici, affermandone la mera efficacia “non preclusiva” riflessa, quale fatto storico idoneo a fornire elementi di valutazione probatoria in ordine alla pretesa azionata dal creditore nei confronti del garante)