Invero, con la domanda gli stessi denunziano la violazione della normativa antitrust da parte dell’istituto di credito nella stipula di contratti di fideiussione conformi al modello ritenuto dalla Banca d’Italia, con provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, illecito per violazione dell’art. 2 della legge n. 287/1990; non si tratta, dunque, di violazione della disciplina volta alla tutela dei consumatori, per cui del tutto ininfluenti, ai fini della presente decisione, sono le dissertazioni delle parti in ordine alla ricostruzione della figura di consumatore come elaborata da dottrina e giurisprudenza con riferimento alla normativa di settore, dettata dal Codice del Consumo, di cui al D. Lgs. n. 206/2005, e dall’art. 1469 bis c.c..
Con riferimento alla fattispecie che ci occupa, invece, del tutto condivisibilmente l’unanime giurisprudenza di legittimità, richiamata dalla stessa banca convenuta, ha avuto modo di affermare, a partire da una risalente decisione delle Sezioni Unite del 2005 (cfr. Cass. civ., SS. UU., 4 febbraio 2005, n. 2207), che la Legge antitrust del 10 ottobre 1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall’altro, che il cosiddetto contratto “a valle” costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti (cfr. Cass. civ., sez. I, 26/09/2019, n. 24044).
Dunque, tale ampissimo ambito di applicazione della legislazione antitrust non consente di limitare in alcun modo la legittimazione alla figura del consumatore, anzi la stessa si applica a chiunque sia inciso da illeciti anticoncorrenziali, a partire dalle imprese fino a qualsiasi terzo che abbia subito un pregiudizio dalla lesione al carattere competitivo del mercato, ad opera di un’intesa vietata, ivi compreso il consumatore finale. Pertanto, del tutto erronea è la prospettazione di parte convenuta che circoscrive l’ambito di applicazione della normativa antitrust e dei principi affermati dalla Suprema Corte a riguardo alla figura del consumatore, inteso secondo la disciplina consumieristica, anzi tali interpretazioni dilatano al massimo le tutele apprestate dalla normativa antitrust, fino all’ultimo soggetto partecipe del mercato inciso dall’intesa anticoncorrenziale.
In tal senso, sovviene lo stesso provvedimento della Banca d’Italia, dal quale si evince che il modello ABI esaminato contiene anche norme di deroga alle clausole in esso previste per l’ipotesi in cui sia il debitore principale che il garante siano consumatori, ai sensi – in tal caso sì – della disciplina consumieristica, con ciò stando a significare che per tutti gli altri operatori del mercato si applicano indistintamente tutte le clausole in esso contenute.